In November 2018 I started collaborating with Fondazione Pangea in the Reama project, a network of empowerment and self-help, a network of people working in various ways to combat gender-based violence and female empowerment. Simona Lanzoni, vice president of Pangea, told me that I absolutely had to meet Dr. Maria Grazia Vantadori, an active part of the network and a surgeon in the emergency room of San Carlo Hospital in Milan. Five minutes later we shook hands, with the doctor, we started brain storming. We talked about our experiences which, although different, had a common factor in common:the contrast to gender-based violence. She told me about the women tormented by their companions, husbands, boyfriends, who over the years had had access to the emergency room and X-rays. From that came the idea of putting together X-rays and fragments of stories of women I had already known for various reasons in my life and others, which I would then collect over the last year. The X-rays were produced with a reduced format so I reprinted, photographed and post-produced them to the current size (60×80). There are no red circles or captions to indicate the fracture because my idea is to make the viewer strain to read an X-ray even if he/she is not a doctor. First of all I wanted to get out of the stereotype of the woman represented with the bruises and the blood, which makes sense only if you are Nan Goldin and you make a self-portrait to denounce what you have lived through. The photos are mash-ups of lives and stories because people are different but unfortunately the violent dynamics are almost always the same. It’s a denouncing project with a positive message as I could personally verify that when you do network seriously, women manage to get out of violent dynamics. The first thing to do is not to tell the woman to denounce, but to “suspend the judgment” because we are used to judge the lives of others based only on our experiences and our lives.
It is an on going project, at the moment composed of 10 photographs and 10 x-rays, I would like to involve other hospitals to donate the x-rays just to make those who have not yet understood it that this is unfortunately a problem that extends throughout the country, that violence is transversal and touches everyone, not just a “disadvantaged” category. The camera moves in the domestic routine, as if there was a habit of violence. I wanted to represent with really simple images that violence doesn’t come out from a beautiful photo that highlights the fake bruise. Violence is not even an escalation or a raptus as the newspapers often tell us, on the contrary, “the banality of evil” lies in everyday things like a shopping list or a precise number of tiles. There is only one photo that has an external and more dreamlike setting, just with the idea of leaving a way out in the end and it was also a personal way of exorcising so much pain. Fondazione Pangea promotes this creative work.
Editing by Marco Petrucci
pangeaonlus.org
reamanetwork.org
Press Review
Nel novembre del 2018 ho iniziato a collaborare con Fondazione Pangea nel progetto Reama, rete di empowerment e auto mutuo aiuto, una rete di soggetti che lavorano a vario titolo per il contrasto della violenza di genere e l’empowerment femminile. Simona Lanzoni, vice presidente Pangea, mi ha detto che dovevo conoscere assolutamente la dott.ssa Maria Grazia Vantadori parte attiva della rete e chirurga al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo di Milano. Cinque minuti dopo esserci strette la mano, con la dottoressa, abbiamo iniziato a fare brain storming. Abbiamo parlato delle nostre esperienze che seppur diverse avevano di base un fattore comune: il contrasto alla violenza di genere. Mi ha parlato delle donne martoriate dai propri compagni, mariti, fidanzati, che negli anni avevano avuto accesso al pronto soccorso e delle radiografie. Da lì è nata l’idea di mettere insieme radiografie e frammenti di storie di donne che avevo già conosciuto per vari motivi nella mia vita e altre, che avrei poi raccolto nel corso dell’ultimo anno. Le radiografie nascono con un formato ridotto quindi le ho ristampate, fotografate e post-prodotte per portarle all’attuale dimensione (60×80). Non ci sono cerchi rossi o didascalie che indichino la frattura perché la mia idea è quella di far sforzare lo spettatore a leggere una radiografia anche se non è un dottore. Volevo innanzitutto uscire fuori dallo stereotipo della donna rappresentata con i lividi e il sangue, che ha senso solo se sei Nan Goldin e ti fai un autoritratto per denunciare quello che hai vissuto. Le foto sono messe in scena di mash up di vite e storie perché le persone sono differenti ma le dinamiche violente purtroppo sono quasi sempre le stesse e si ripetono. E’ un lavoro di denuncia con un messaggio che vuole essere in qualche modo “positivo” nel senso che ho toccato con mano che quando si fa rete sul serio, le donne riescono ad uscire dalle dinamiche violente. La prima cosa da fare non è dire alla donna di denunciare, ma sospendere il giudizio perché siamo abituati a giudicare le vite degli altri basandoci solo sulle nostre esperienze e sulla nostra vita. E’ un progetto on going, al momento composto da 10 fotografia e 10 radiografie, vorrei coinvolgere altri presidi ospedalieri a donare le radiografie proprio per far comprendere a chi ancora non lo ha fatto, che questo purtroppo è un problema esteso su tutto il territorio nazionale, che la violenza è trasversale e tocca tutti, non solo una categoria “svantaggiata”.La fotocamera si muove nella normalità delle mura domestiche, come se ci fosse un’abitudine alla violenza. Ho voluto rappresentare con immagini davvero semplici che la violenza non viene fuori da una bella foto che mette in risalto il livido finto. La violenza non è neanche un’escalation o un raptus come ci raccontano spesso i giornali, anzi, “la banalità del male” sta nelle cose di tutti i giorni come una lista della spesa o un numero preciso di mattonelle. C’è solo una foto che ha un’ambientazione esterna e più onirica, proprio con l’idea di lasciare alla fine una via d’uscita ed è stato anche un mio personale modo per esorcizzare tanto dolore. Fondazione Pangea promuove questo lavoro creativo.
Editing di Marco Petrucci
pangeaonlus.org
reamanetwork.org